Diario del Festival

Dall'archivio del Festival, tutte le cronache dell'edizione 2004


3 novembre 2004
Il pericolo dei vulcani

di Francesco Tomasinelli

«Chi studia processi naturali pericolosi come i vulcani non può essere appagato dal solo risultato scientifico: la salvaguardia delle vite umane rimane l'obiettivo principale di queste ricerche». A parlare è Francesco Barberi, vulcanologo dell'Università di Roma 3, intervenuto all'Auditorium dell'Acquario di Genova nel pomeriggio di martedì 2 novembre, in occasione della conferenza Convivere con i vulcani.

Nel corso dell'incontro sono stati passati in rassegna i fenomeni distruttivi di natura vulcanica, alcuni dei quali anche molto noti, come le colate laviche, «impressionanti, ma raramente pericolose per l'uomo», spiega Barberi, «in virtù della velocità spesso modesta del flusso lavico».
Il problema della lava sul territorio italiano riguarda essenzialmente la zona dell'Etna, e le moderne opere di contenimento garantiscono buoni risultati a tutela delle aree edificate.

Ben più pericolosa è la situazione in caso di eruzioni esplosive, con lancio di enormi massi e la formazione di flussi piroclastici: miscele di detriti salgono in cielo dopo le eruzioni, per collassare improvvisamente con effetti distruttivi per molti chilometri. A questi processi si aggiungono spesso i lahar, colate di fango indotte dallo svuotamento di laghi in crateri vulcanici o dall'accumulo abnorme di sedimenti vulcanici, poi trascinati a valle da forti piogge.

In mare l'attività vulcanica e sismica può provocare gli tsunami, onde anomale come quella che investì Stromboli nel 2002. Molti di questi fenomeni non si possono prevedere senza un'accurata indagine sulla storia eruttiva del vulcano oggetto di studio. «In Italia il caso più sensibile è il Vesuvio», illustra Barberi, «non tanto per le sue dimensioni, quanto per l'elevatissima densità di popolazione nella zona circostante». L'ultima eruzione risale al 1944 e il prossimo episodio potrebbe verificarsi anche tra centinaia di anni. «Ma è sempre meglio essere pronti», spiega il vulcanologo, «e cominciare ad elaborare un piano di intervento».

Le operazioni di prevenzione e soccorso sono sempre estremamente complesse e, ai primi segnali di pericolo, prevedono l'evacuazione di tutta la popolazione a rischio immediato, che nella zona del Vesuvio ammonta a circa mezzo milione di persone. Nelle aree a rischio inferiore i soccorsi possono anche essere più lenti e, in molti casi, è sufficiente la protezione garantita dalle abitazioni sigillate, come suggerito da alcune recentissime simulazioni. Le migliaia di cittadini trasferiti in gran fretta verrebbero ospitati in tutta l'Italia. "In questo caso, infatti, è stato previsto un piano di gemellaggio" conclude Barberi. «Ogni regione si farà carico di un certo numero di sfollati».
 
 
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