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30 ottobre 2004
La visione dall'interno: esplorazioni tra arte e cervello (Comunicato n.16)

"Non sono gli occhi che vedono", afferma nell'aula di San Salvatore della Facoltà di Architettura il neurobiologo Semir Zeki, "come tutti tendono a pensare, bensì il cervello." Gli occhi e la retina sono solo dei filtri tramite cui passano dei segnali inviati a specifiche aree del cervello. Quasi un terzo di tutto il cervello è dedicato alla funzione visiva. Da questo deriva che non esiste la vista senza corteccia visiva. Quindi l'arte visiva, sia nella sua fase di concezione, realizzazione e fruizione deve obbedire alle leggi della visione cerebrale. Queste leggi si fondano su diverse funzioni cerebrali, che corrispondono ad altrettante aree, ognuna atta a ricevere solo uno dei seguenti input: colore, forma, movimento. La luce non viene percepita in quanto tale, ma da cellule che percepiscono colore, altre che percepiscono forma e così via. Le cellule che percepiscono queste diverse caratteristiche della luce si trovano raggruppate in determinate aree del cervello che si sono specializzate.
Tutto questo è stato provato tramite il sistema sperimentale detto "imagining": che consiste nel monitoraggio del cervello di un individuo, nell'atto di osservare diverse immagini. Quando una cellula è particolarmente attiva cambia il suo metabolismo e il sua rapporto sanguigno, quindi sul monitor si colorano le aree particolarmente sollecitate. Gli stessi attributi a cui sono sensibili le cellule (forma, colore, espressioni del viso) sono importanti per le arti visive. Questo non significa che apprezzare i colori sia solo un'attività legata alla zona del cervello definita V4, però è vero che se quell'area subisce una lesione diventa incapace di vedere il mondo a colori. Se prendiamo in considerazione i ritratti è evidente come il volto domini nonostante possa essere in ombra. Questo accade perché il cervello ha dedicato una determinata parte all'identificazione delle facce. Se quella zona viene danneggiata, sarà ancora possibile riconoscere i dettagli (naso, bocca), ma impossibile riconoscere la persona e il volto nel suo insieme. Questo significa che esiste una specializzazione funzionale del punto di vista estetico: immagini astratte, ritratti e paesaggi stimolano aree cerebrali diverse. Questo ci obbliga a soffermarci sulla legge della costanza, la più importante per il cervello. La vista è il modo più efficiente per conoscere il mondo, perché solo attraverso di essa si può apprezzare il colore o cogliere l'espressione del viso. Il cervello è interessato solo ai caratteri non mutevoli delle cose. Sviluppa il concetto di mano, automobile e casa e da qualsiasi punto di vista è in grado di riconoscere tali oggetti.
Il concetto di ambiguità nelle opere d'arte, alla luce di queste considerazioni, potrebbe assumere l'accezione opposta a quella che ha sul vocabolario di "incertezza, vaghezza" e tramutarsi in "certezza" dell'esistenza di più situazioni, tutte di pari valore e quindi tutte valide. Ciò che in arte è individuato come ambiguo o incompiuto, in neurobiologia diventa apertura per il coinvolgimento dello spettatore. Si potrebbe dire che le opere incompiute di Michelangelo, in realtà siano state portate dall'artista al grado massimo di compiutezza, per favorire la fruizione dello spettatore. Plotino diceva che se la forma è nell'artefice e non nell'artefatto, è anche nell'osservatore.
Gli artisti sono neurobiologi che studiano le funzioni cerebrali con gli strumenti che gli sono propri. Sono loro che con un anticipo di cento anni hanno scoperto le regole del cervello visivo, prima che questo fosse studiato, dimostrando che forma e colore sono inseparabili e che liberare il colore significa anche liberare la forma. La neurobiologia infatti osserva solo oggi che, di fronte a oggetti colorati naturalmente, si attivano certe aree cerebrali, mentre nel caso di oggetti colorati in modo innaturale se ne attivano altre. Prendere sul serio l'arte ci aiuta a comprenderla meglio, ma anche a comprendere meglio come funzione il cervello. Il fatto che attraverso questi studi essa venga segmentata non ne diminuisce il valore. Conoscere il meccanismo che ci fa vedere un certo movimento in un'immagine statica, o percepire l'espressione di un volto in un ritratto, non ci impedirà di continuare a vederla.

comunicato completo (188 KB)

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