Beagle, la newsletter del Festival

Dall'archivio del Festival, tutte le anticipazioni dell'edizione 2004


31 ottobre 2004
Conoscere la scienza per parteciparla

di Ilaria Fazi

Il dialogo tra ricercatori e cittadini è imprescindibile per la democrazia moderna

Il caso più recente è quello di Acerra, Napoli, dove soltanto due mesi fa oltre 20 mila persone sono scese in strada per protestare contro la costruzione di un termovalorizzatore per la distruzione dei rifiuti. Ma è una storia che si ripete. A gennaio quasi 10 mila persone avevano sfilato per le strade di Termoli per dire no a una centrale per la produzione di energia elettrica. E poco meno di un anno fa, sono state addirittura decine di migliaia le persone che hanno chiesto il ritiro del decreto del Governo che aveva individuato a Scanzano Jonico (Matera) il sito per lo stoccaggio delle scorie nucleari. Invocare la teoria del Nimby, acronimo per Not in my backyard (fenomeno per cui tutti griderebbero all'allarme quando un impianto industriale, una discarica, un'antenna per la telefonia incombe nel loro spazio), sarebbe ignorare ancora un'esigenza sulla quale "siamo già in grave ritardo". Il commento è di Massimiano Bucchi, docente di Sociologia della scienza all'Università di Trento e tra i relatori che oggi pomeriggio discuteranno sul rapporto tra Scienza e democrazia. "Basta aprire il giornale - spiega Bucchi - per capire che la scienza non è fatta soltanto di argomenti affascinati, ma anche e soprattutto di questioni che richiedono decisioni che non possono essere delegate soltanto ai politici o agli esperti: in una democrazia davvero partecipativa che vuole coinvolgere i cittadini nel processo decisionale, è necessario trovare metodi e strumenti per rivedere il rapporto tra scienza e politica". Un discorso in cui il termine politica va inteso nel suo significato più ampio. E' un problema che si riflette a tutti i livelli, da quello più locale a quello globale, come per la questione dell'utilizzo di cellule embrionali o degli Ogm. "Si tratta di un'esigenza sentita anche dai cittadini, e che va colta dai soggetti coinvolti, politici, istituzioni, scienziati, non come una minaccia, ma come un'opportunità". "Per le soluzioni - continua Bucchi - siamo soltanto agli inizi della discussione: quello che ci pare chiaro è però la necessità dell'intervento di enti terzi, non portatori di interessi". Un altro punto di vista lo introduce Federico Neresini, docente di Metodologia della ricerca sociale all'università di Padova: "Spesso si pensa che scienza e società siano separate, ma in realtà - dichiara Neresini - sono strettamente in rapporto tra di loro. Questo può servire da una parte ai cittadini, perché non pensino agli scienziati e ai loro laboratori come una minaccia. Dall'altra al mondo della scienza, perché non si senta ostaggio degli umori della società. Bisogna demolire questa falsa dicotomia, perché oggi la società è fatta di scienza e la scienza non può considerarsi fuori dalla società".
 
 
Testi a cura del Master in Comunicazione della Scienza della SISSA di Trieste.
Coordinatore: Nico Pitrelli. Redattori: Daniela Cipolloni, Ilaria Fazi, Ilenia Picardi.
 
 
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