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28 ottobre 2004
Antropologia della città contemporanea di Marc Augé (Comunicato n.7)

"Parlare di città oggi significa affrontare un argomento immenso", esordisce Marc Augé, eclettico etnologo e antropologo francese, "perché la città è diventata mondo e il mondo città". Attraverso considerazioni sul cambiamento di scala, che viviamo nella nostra epoca, Augé affronta il tema della mondializzazione sotto diversi aspetti superando con disinvoltura le frontiere del suo sapere specifico per inoltrarsi in altri ambiti. Da un lato c'è la globalizzazione economica e tecnologica che determina tre grandi concetti alla base del nostro vivere attuale: circolazione, comunicazione e consumo. Esiste poi una coscienza planetaria, perché ormai anche il più remoto villaggio è consapevole di appartenere al pianeta. A questa nuova coscienza sono legate le nostre preoccupazioni ecologiche, relative all'aspetto fisico e alla salute del nostro pianeta, ma anche una profonda contraddizione fra fenomeni di omogeneizzazione e di divario sociale.
Le megalopoli contemplano due tipi di movimento quello centripeto e quello centrifugo: attirano uomini, beni e messaggi, ma espellono altrettante immagini, persone e merci. Al loro interno è presente una pluralità di origini: vi si trovano tutte le classi sociali, tutti i gradi di sviluppo e le molte etnie. La città-mondo è anche teatro di violenza e conflitti che cambiano di città in città, ma in realtà tutte hanno quartieri definiti pericolosi o a rischio, zone povere e degradate, che si affollano intorno al centro e lo insidiano popolando gli spazi vuoti sotto le grandi arterie di collegamento urbano.
A queste fenomeno di evoluzione delle metropoli in città-mondo, corrisponde una tendenza simile, ma contraria di urbanizzazione del pianeta che determina il mondo-città. La vita si concentra nei luoghi della circolazione e i centri urbani, prima chiaramente riconoscibili tra loro, ora si saldano in una continuità. Si parla di "filamenti urbani" in demografia, per definire il fenomeno che, attraverso le immagini aeree, individua dall'alto la linea ininterrotta che ormai collega l'Inghilterra a Milano. E l'urbanizzazione è già definita una nuova era della storia umana, assimilabile per portata all'avvento dell'agricoltura.
Le metropoli sono i luoghi del potere, lì si prendono decisioni che riguardano il pianeta, veri e propri poli decisionali dal punto di vista economico e politico che potremmo ridefinire meta-città virtuali. Il destino del mondo è legato a questi centri che comunicano solo tra di loro, in un fluire continuo di informazioni.
Questa nuova organizzazione planetaria, nell'architettura ha generato il fenomeno della singolarità intesa come produzione di opere uniche, ma anche in quanto lavori firmati da artisti-architetti. Una singolarità che si pone come estranea al contesto locale e che genera un fenomeno turistico planetario in cui le persone si muovono non verso le città, per una loro specificità, ma verso la singolarità dell'operato di artisti-architetti. Il movimento è verso il tempo puro, un po' come accade con le rovine storiche (greche, egizie o altro), dove la nostra percezione e la fonte delle nostre emozioni non ha niente a che fare con quella degli abitanti del luogo nel passato, ma piuttosto è legata alla possibilità di vivere l'impronta del tempo. Inoltre, il cambiamento di scala ha determinato arie di cantiere molto più vaste (la Cina è un intero cantiere) per la creazione di nuove città, ma anche per la ricostruzione di interi stati (ad es. l'Iraq). Mentre le grandi opere sono ormai tutte concentrate intono alla mobilità di uomini e merci, (grandi aeroporti e stazioni), atti di urbanismo che proiettano la città verso l'esterno, ma anche verso il suo centro, in una continua accelerazione.
Queste considerazioni portano a due riflessioni di carattere estetico. Da un lato emerge un'abitudine crescente a guardare alle cose dall'alto o dalla distanza, il che spesso falsa la percezione di ciò che sta nell'immagine, per cui anche cose molto brutte possono apparire belle. D'altra parte se "essere cittadino del mondo" un tempo era sinonimo di un'utopia volontaria, oggi è espressione colmata, anche se con le sue debolezze, dall'architettura contemporanea e dai suoi non-luoghi (centri commerciali, aeroporti, parchi del divertimento) e dagli elementi di riflessione e di speranza che essa offre.

comunicato completo (192 KB)

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